“Undici”, come gli anni che aveva
Così è ricordato Luciano. Lui, fratello e figlio di partigiani, faceva la staffetta: nascondendo nella cartella di scuola informazioni e messaggi, teneva i collegamenti tra i gruppi partigiani.
23 febbraio 1945; un cascinale nelle campagne di Givoletto, nel torinese: un gruppo di partigiani è circondato dai repubblichini. È l’alba e insieme alla luce del sole nasce un conflitto a fuoco. E Luciano non è a scuola, è lì, inerme, in mezzo agli spari.
Sparano da una parte e dall’altra, finché i partigiani non finiscono le munizioni. E non si può resistere ai fascisti senza munizioni. Il comandante del gruppo, ferito gravemente, decide la resa e incarica Undici di uscire a sventolare una bandiera bianca.
Ma non c’è nulla di bianco; anzi, sì, la sua maglietta. E Luciano la sveste ed esce agitandola come una bandiera.
È un bambino, ha undici anni, sventola una bandiera bianca, ma non basta: una raffica di mitra lo uccide senza pietà, senza senso: ai fascisti non basta avergli sottratto l’infanzia, gli tolgono anche la vita.
Per non dimenticare: nei giardini pubblici di via San Donato, a Torino, a lui intitolati, è posta una lapide in sua memoria: il 25 aprile 2009 fu imbrattata con una svastica.
A Luciano Domenico, partigiano “Undici”, ucciso dai fascisti 75 anni fa, sono intitolate anche la Scuola primaria statale di Givoletto e la scuola di calcio dell’ASD Cit Turin LDE di Torino.